La Notte

Le grandi opere sono come l’araba fenice: Post Fata Resurgo

A cura di Luisa Russo

Le grandi opere sono come l’araba fenice: Post Fata Resurgo. 

Il prossimo 6 agosto alle ore 19,00 nella restaurata chiesina del SS. Salvatore al Vesuvio; alla presenza del vescovo Don Antonio Di Donna e del parroco Don Sabatino Perna, verrà collocato unlavoro del prof. Giorgio Cangiano. Trattasi di una Pala d’Altare: tecnica mista su tela m.1.70 x 1.10 dal titolo “In Medio Ignis Non Svm Aestvata”. Il quadro presenta uno schema compositivo classico, tipico delle Pale d’Altare cinquecentesche. Dal punto di vista iconografico rappresenta la restaurata statua del Redentore collocata su di un altare (quello della Cappella di Sant’Anna, dalla Basilica di Pugliano) posto sotto un ampio arco con incisa la scritta IN MEDIO IGNIS NON SVM AESTVATA, traducibile: “In mezzo al fuoco non vengo distrutta”, tuttora visibile sul portone d’ingresso della chiesina sita all’Eremo del Vesuvio, adiacente l’Osservatorio Vesuviano. L’altare in marmo, ove è posta la statua, raffigura al centro la sirena bicaudata in bassorilievo, e lo stemma della città che fu simbolo di Resina fino al 30 marzo del 1969. Ai lati abbiamo: sulla sinistra un frate a grandezza naturale, ovvero il vecchio eremita questuante che accoglieva i fedeli e i numerosi turisti che si recavano al Vesuvio; sulla destra invece una figura orante (forse lo stesso artista), un contadino con in testa un cappello di paglia uno dei simboli della nostra tradizione; ripreso anche dai pomodorini appesi alla parete sopra l’arco, della varietà detta del piennolo del Vesuvio, unitamente a quella marinara rappresentata simbolicamente dalla stella marina che porta con se, una doppia simbologia: quella della tradizione marinara, e quella della Madonna posta ai piedi del frate. Al centro, sul pavimento s’erge il calice sacerdotale (la fede incrollabile), simbolo di comunione tra Dio e l’uomo, di salvezza e obbedienza a Gesù. Tutto l’apparato compositivo è caratterizzato da un registro coloristico tonale chiaro e delicato, che apre su un’immaginaria campagna vesuviana (all’alba) con sfondo una delle tante storiche eruzioni, anch’essa tratta da un quadro custodito all’interno della Basilica. La chiesina del Salvatore sorge nel luogo ove anticamente, secondo alcuni storici, sorgeva un tempio pagano attribuito a Juppiter Summanus, il dio delle tenebre (epiteto attribuito a Giove, quale lanciatore di fulmini sul far del giorno). Altri simboli e significati vengono comunque riportati nel quadro come ad esempio; San Gennaro, che caratterizza in unione agli altri l’importanza del lavoro dell’artista.Per la collocazione della Pala d’Altare, un fattivo contributo è stato dato da Anna Iacomino, moglie del compianto cerimoniere del Comune Mario Imperato. Il sacro luogo della futura esposizione, è stato salvato da quello che sarebbe dovuto essere un triste destino. Infatti la chiesina sarebbe un ex voto, edificata nel 1667 dagli scampati alla peste del 1656. Da una nota riportata; tra il 31 dicembre 1899 e il 1 gennaio del 1900 qui celebrò la Santa Messa Achille Ratti, quello che fu poi Pio XI. Dopo anni di abbandono ed un precedente restauro risalente alla prima metàdegli anni’90, la chiesina ha rischiato addirittura di essere abbattuta ma: il tutto è stato recuperato grazie all’impegno fattivo di Don Aniello Gargiulo, parroco di Santa Maria a Pugliano di cui la chiesina dipende. Tra i vari lavori di restaurazione, è stata anche restaurata la seicentesca statua lignea del SS. Salvatore posta sull’Altare Maggiore, per la quale un importante contributo per la raccolta fondi ha profuso il giornalista Giuseppe Imperato. Per il pieno completamento dei lavori, ora si è in attesa del restauro della facciata.